Tossicodipendenza e droga (capitolo 1°): Prevenzione
Il più delle volte, parlando di prevenzione, ci si riduce di fatto a informare i giovani sulla natura delle sostanze stupefacenti, sui loro effetti, sui danni che provocano e sui pericoli connessi al loro uso, secondo una "politica della paura" che si rivela spesso controproducente; al contrario è necessario operare molto più a fondo e "a monte" per prevenire il disadattamento nelle sue varie e preoccupanti manifestazioni. Certo, un'opera di prevenzione, per realizzare il suo intento, dovrebbe essere molto ampia e tesa a rimuovere le cause determinanti l'insorgere del fenomeno però, questo, implicherebbe un vero e proprio rovesciamento dell'intero sistema sociale, in cui, appunto, il fenomeno ha trovato, e trova, le proprie radici e il proprio sviluppo.
Ma intendere l'opera di prevenzione esclusivamente in questo modo può comportare il rischio di dimenticare quelli che, sul piano operativo e concreto, appaiono i problemi più urgenti e scaricare sempre e solo sulla società quelle responsabilità che è doveroso cominciare ad assumersi in prima persona; la famiglia resta sempre il luogo privilegiato per la crescita equilibrata di un ragazzo: è in essa che si costruiscono le basi di uno sviluppo armonico attraverso rapporti fondati sul dialogo e la responsabilizzazione. Il ragazzo è aiutato a prendere coscienza della realtà in cui vive e a operare le sue scelte "anche" nei confronti della droga, quanto più i genitori sapranno comprendere che il figlio può essere, o sta già diventando, una persona autonoma e responsabile, un individuo diverso e staccato da loro, che deve avere le sue idee, la sua responsabilità, le sue abitudini....
Più che il peso dell'autorità, è utile un atteggiamento costante di confronto sereno, reale e schietto su tutti i problemi che il figlio incontra nella sua crescita; la politica della paura è inutile quanto addirittura non contro-producente: l'attrazione verso ciò che è rischioso e la tentazione di fare cosa proibita, possono spingere alcuni ragazzi a provare, a fare esperienza. E il pericolo è ancora più reale se chi fornisce l'informazione, sia esso genitore o insegnante, è vissuto come autorità cui opporsi, non accettata e non stimata; in questo caso anche in soggetti non particolarmente incuriositi o interessati all'uso di stupefacenti, in un successivo momento di difficoltà, il ricorso alla droga potrà apparire come positivo proprio nella misura in cui è stato presentato come negativo da un'autorità poco gradita.
Il problema della droga può e deve dunque essere trattato dai genitori con i figli alla stregua di ogni altro problema personale e sociale. Il non parlare significherebbe trasformarlo in "argomento tabù"; il parlare solo di questo problema o il parlarne troppo e in modo apprensivo e preoccupato, significherebbe trasmette al figlio un messaggio implicito di paura e di sfiducia, invece, va affrontato serenamente senza drammatizzarlo, come qualunque altro argomento scottante, come sesso, prostituzione, violenza, aborto..., ogni qualvolta si presenti. Il problema droga non può essere risolto, nè seriamente affrontato se non con interventi globali su tutti i fenomeni di disadattamento; occorre un impegno di prevenzione sul territorio, di politica dei servizi, di lotta per maggiori possibilità di partecipazione alla gestione della vita sociale, che rifiuti di separare dalla comunità il soggetto svantaggiato allo scopo di aiutarlo. Se si è convinti della portata sociale del problema non si può vedere la necessità di lavorare, in ogni campo e ad ogni livello, per un modello di società in cui le esigenze degli individui, e in particolare di chi è più svantaggiato e in difficoltà, siano realmente prioritarie rispetto alle esigenze della produzione e del profitto....
Volete visitare la nostra sede?
Vuoi aiutarci a farlo vivere? Aderisci all'Associazione Gruppo Futuro 2000!